Intervista a Giovanni Valotti – Presidente Utilitalia

Cosa vede per il futuro delle utility?

I servizi pubblici, quelli che ogni giorno sono vicino ai cittadini, rappresentano il simbolo di un Paese. Diventano per questo centrali all’interno di una Strategia complessiva di politica industriale.

Con alcune caratteristiche essenziali: assicurare al tempo stesso competitività e capacità di attrazione ai territori, redistribuzione diretta dei benefici ai cittadini, sostenibilità ambientale.

Per il futuronon vedo altra via che lo sviluppo industriale di questo settore. Non c’è antitesi tra cultura d’impresa e creazione di valore per i cittadini. Solo imprese efficienti assicurano gli investimenti necessari e trasformano le risorse pubbliche in servizi di qualità.

Vedo quindi servizi pubblici che pongano al centro il riconoscimento di un’autonomia nella gestione d’impresa, indipendentemente dall’assetto proprietario di natura pubblica, privata o mista, la promozione di condizioni operative stabili, sul piano normativo e regolatorio, l’affermazione di un modello di impresa moderno e competitivo, l’investimento nella crescita delle persone e nello sviluppo, il superamento delle gestioni in economia dei servizi pubblici, la valorizzazione dell’economia circolare in campo ambientale. Nuovi paradigmi cui le aziende dei servizi pubblici già sono orientate.

Qual è un tema chiave per i prossimi anni?

Tra i temi fondamentali per il futuro delle utility, vi è sicuramente la transizione energetica verso un modello di produzione e consumo più sostenibile.

L’obiettivo è di trasferire ai consumatori i benefici ambientali ed economici che derivano da questa transizione. E con sicure ricadute , come è ovvio, anche nell’ambito della gestione dei rifiuti e del servizio idrico.

E’ per questo che, dopo aver descritto nella Strategia Energetica Nazionale, le direttrici della trasformazione, è fondamentale passare alla fase attuativa attraverso investimenti mirati e concrete realizzazioni.In questo conterà molto l’evoluzione tecnologica. Ed è per questo essenziale che le imprese puntino con decisione su ricerca e innovazione.

Energia, rifiuti e acqua. In che direzione si muovono?

Per consentire alle utility di guardare lontano metterei in evidenza tre aspetti, uno per settore.

In ambito SEN un’attenzione specifica alle città: noi proponiamo un Piano per i centri urbani in grado di attuare politiche che attenuino i costi economici e sociali e offrano allo stesso tempo nuove opportunità di crescita sostenibile, con l’ambizione di disegnare le città del futuro, con aziende che pensano alla riduzione dell’inquinamento dell’aria, riqualificano il patrimonio edilizio e offrono nuovi servizi digitali.

Per l’ambiente – grazie anche all’avvio della nuova regolamentazione – la gestione su base di ambito e la tariffa puntuale rappresentano il punto d’arrivo, nel pieno rispetto del principio dal respiro europeo del ‘chi inquina paga’.

E infine, per l’acqua, l’elaborazione e l’applicazione di una Strategia Idrica Nazionale (SIN) che, sulla scia di quanto fatto per l’energia, preveda a medio e lungo termine un Piano di investimenti per il nostro Paese.

Cosa ne pensa della Riforma Madia, per quanto riguarda le società partecipate?

Negli ultimi dieci anni, le norme sulle società partecipate erano state inserite in una miriade di provvedimenti diversi. Tale frammentazione rendeva difficile anche la sola ricostruzione sistematica delle regole nel loro complesso. L’aver a disposizione, oggi, un Testo Unico ha, quindi, il sicuro pregio di rendere più semplice il quadro normativo di riferimento per gli operatori.

Importante è stato inoltre il chiarimento operato tra società strumentali e società che gestiscono servizi di interesse economico generale.

Si poteva, però, osare di più. La legge delega prevedeva, infatti, tra i principi ispiratori anche quello di valorizzare le efficienze. Due soli esempi: il blocco delle assunzioni ed il tetto alle retribuzioni di manager e dirigenti di queste società costituiscono norme speciali che hanno, sicuramente, una loro ragion d’essere nelle società inefficienti; più difficile trovarne la ratio nelle gestioni efficienti. Lo stesso ragionamento vale per gli ulteriori controlli che il Testo Unico ha introdotto (uno per tutti: l’ufficio di controllo dedicato del MEF).

La nostra posizione sul tema è chiara: lasciamo alle imprese fare le imprese. Mettiamo le imprese in condizioni di competere ad armi pari, indipendentemente dall’assetto proprietario pubblico, privato o misto.

Tutto ciò che avvicina un’impresa ai vincoli tradizionali di una pubblica amministrazione ne mette in discussione la stessa ragion d’essere, oltre a compromettere la capacità di innovazione, la rapidità d’azione e l’efficienza.

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