Il regolamento sui compensi ad amministratori, dirigenti e sindaci. Ci siamo davvero?

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Finalmente, e diamo merito al Governo Draghi ed in particolare al Ministro Franco, sembra andare a soluzione la ormai annosa vicenda dei compensi ad amministratori, dipendenti e sindaci delle società a controllo pubblico.

La vicenda, si ricorda, prende le mosse dalla scelta dell’allora ministro Madia di assecondare quello stato d’animo populista che guardava alle società pubbliche come poltronifici dalle ricche prebende. Da qui l’idea di cristallizzare i compensi al dato del 31 dicembre 2013 fatto con il DL 90/2014, che modifica il comma 4 (e 5) del DL 95/2012: “A decorrere dal 1º gennaio 2015, il costo annuale sostenuto per i compensi degli amministratori di tali società, ivi compresa la remunerazione di quelli investiti di particolari cariche, non può superare l’80 per cento del costo complessivamente sostenuto nell’anno 2013”.

Una disposizione che nel merito era già discutibile nel 2014. È però diventata sempre più intollerabile con la sua cristallizzazione a valori riferiti oramai a quasi 10 anni fa, a seguito dell’intervento previsto dall’art. 11, c. 7 del TUSP, che ha statuito che, fino all’emanazione del decreto di cui al comma 6 del medesimo articolo, restassero “in vigore le disposizioni di cui all’articolo 4, comma 4, secondo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95”.

Oggi, però, dopo le mille sollecitazioni venute da più parti, dall’Anci ad Utilitalia, da Asstra a Assofarm, ecco che riaffiora presso il gabinetto del Ministro Franco uno schema di decreto, e quel che è più importante vi è l’intenzione di emanare il regolamento previsto dall’art. 11, c. 6, che una volta approvato dovrebbe consentire ai comuni che lo vorranno, di adeguare i compensi degli amministratori delle società a controllo pubblico.

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